Vittoria Tesi (1700-1775), celebre contralto, per la quale scrissero tutti i più grandi compositori del ‘700, in particolare gli italiani, quali: N. Porpora, N. Jommelli, B. Galuppi, R. Broschi ed altri, divenne l’amante del cardinale Enea Silvio Piccolomini, più piccolo di lei di circa una decina di anni.
Il monsignore, che aveva buon gusto in fatto di donne, non si faceva mancare avventure amorose più o meno lunghe. Con la Tesi, tuttavia, la relazione durò parecchi anni e i due divennero ottimi amanti e confidenti.
Benedetto Croce nel suo libro “Un prelato e una cantante del secolo XVIII” riporta le lettere che la cantante scriveva al suo innamorato. Gli faceva confidenze di ogni sorta, spesso gli parlava del Teatro e dei colleghi che non sopportava, per esempio Caffarelli, oppure Angelo Amorevoli.
Come di suo uso, ad un certo punto, il cardinale rarefà le risposte e si rende sempre meno disponibile, attratto da chissà quale nuova beltà.
Vittoria Tesi, da primadonna, non accetta gli allontanamenti del suo amante, né si dispera come le eroine dei suoi drammi. Che fa dunque? Con la furbesca malizia che la contraddistingue, gli scrive una lettera in cui gli fa presente che un suo certo evidentemente ricco ammiratore, l’ambasciatore di Napoli, (in sua mancanza), le ha regalato una bellissima collana di rubini, corredata di orecchini, del valore di 900 pezze!
“Madrid, 6 Novembre 1739.
Mio adorato Piccolomini,
Non posso capire come tu non mi scrivi mai. Non manco di fare tutte le diligenze alla posta per vedere se mai comparissero tue lettere; ma ho un bel cercare.
Caro Piccolomini, tu non pensi a chi ti adora, e pure non dovresti fare così, perché ti amo tanto che non penso ch’al momento di abbracciarti. Questo spero succederà presto per il mio ritorno in Italia, che sarà (come ti dissi) dentro il mese di marzo. Ti giuro che non vedo l’ora, il momento.
Credo che ti scrivessi il regalo magnifico che mi fece l’ambasciatore di Napoli per aver cantato nella sua Serenata, che fu d’un laccio da collo di brillanti e rubini, con i suoi << orecchini >> compagni della valuta di novecento pezze.”
B. Croce, Un prelato e una cantante del secolo XVIII lettere d’amore, Bari Gius. Laterza & figli, 1946